giovedì 21 novembre 2013

Scheda botanica dell’olivo





Nome scientifico: Olea europea sativa

Nome italiano: Olivo

Famiglia: Oleacee




Fusto

Il fusto è cilindrico e contorto, con corteccia di colore grigio o grigio scuro, il legno è molto duro e pesante.




Fusto



Chioma e rami

La chioma è di forma conica e le foglie sono di colore verde ,grigio chiaro. Le foglie sono persistenti, coriacee, di forma ellittica,a margine intero, lunghe 3-8 cm e di colore superiormente verde scuro e inferiormente argenteo.



Chioma

Foglie


Radici


Le radici della pianta giovane sono a fittone, poi striscianti e infine superficiali con rigonfiamenti



Fiori


I fiori sono piccoli e insignificanti, con quattro petali bianchi, sono riuniti in grappoli e sbocciano da maggio a giugno. Le infiorescenze dette mignola hanno forma a grappolo





Ramo in fiore




Frutti

Il frutto è una drupa (cioè frutto carnoso che non si apre spontaneamente per far uscire il seme) di peso variabile tra 0,5 e 1,5 gr. e si distingue in 


EPICARPO (la buccia che va dal verde al violetto e al nero), MESOCARPO (la polpa in cui è presente l’olio), ENDOCARPO (il nocciolo con dentro il seme).

Ramo con i frutti


Sezione di un'oliva










mercoledì 13 novembre 2013

Il nome Oliva

Oliva: il nome di due sante cristiane

Il nome Oliva deriva dal latino oliva, che a sua volta deriva del greco ελαια, che si riferisce al frutto dell’olivo, ma ha anche il significato simbolico di fertilità.

Attualmente è un nome in disuso in Italia, sebbene si trovi ancora nel Frusinate (Lazio meridionale interno, provincia di Frosinone) dove è tuttora vivo il culto della santa omonima.


Santa Oliva di Anagni
Biografia
Oliva nacque ad Anagni da nobili genitori nel V secolo e vi morì forse nel 492; destinata dalla famiglia a nozze  che non desiderava, consacrò la sua verginità a Dio, rifugiandosi nel monastero delle Benedettine di Anagni. Dopo una vita di digiuni e sofferenze ma gratificata con frequenza da visioni celesti morì il 3 giugno.
Culto
La più antica testimonianza del culto è rintracciabile in una epigrafe di consacrazione dell'altare a lei dedicato in Anagni dall’antipapa Anacleto II il 7 settembre 1133 d.C. nell'omonima chiesa. Anche a Castro dei Volsci esiste una Parrocchia dedicata a Sant'Oliva (in stile barocco ma ricostruita più volte) che pare risalga al XII secolo, e inoltre a Cori esiste ancora una chiesa a lei dedicata.
Affresco raffigurante Sant'Oliva


Sant’Oliva di Palermo
Biografia
Secondo la agiografia, sant’Oliva nacque a Palermo da nobile famiglia nel al IX secolo. All’età di 13 anni fu catturata dai corsari saraceni e portata a Tunisi e costretta a vivere soffrendo la povertà, la fame, il freddo. In seguito la giovane, a causa dei doni straordinari che aveva ricevuto dal Signore, fu condotta e abbandonata in una foresta piena di bestie feroci. Catturata da alcuni cacciatori e trattata da schiava, lei riuscì a convertirli. Le autorità mussulmane esasperate la arrestarono, la torturarono e la decapitarono.
Al momento della sua morte, il 10 giugno, la sua anima andò in Paradiso come una colomba.
Culto
Il Corpo fu portato dai Cristiani a Palermo e seppellito religiosamente in un luogo sconosciuto.
Il popolo  e il Senato palermitano il 5 Giugno 1606 elessero Sant' Oliva Patrona della Città con le Sante Ninfa ed Agata. 

Palermo, statua di Sant'Oliva

Ercole

Ercole e la sua clava fatta con l’ulivo


Il più famoso attributo di Ercole è la clava, un nodoso bastone che l’eroe utilizzò per compiere molte delle sue imprese. Secondo Teocrito, poeta del III sec. a. C. nato a Siracusa, Ercole sulle pendici dell' Elicona sradicò con le mani un ulivo da cui ricavò la clava che lo accompagna anche in tutte le raffigurazioni statuarie.




…un robusto bastone d'oleastro
fronzuto con la scorza e col midollo
che trovai sotto l'Elicona sacro
io stesso e lo tirai fuori dal suolo
con le spesse radici tutto intero.

Teocrito, XXV, 207

Ercole Olivario



Il tempio di Ercole Olivario


Il tempio di Ercole Vincitore o Oleario (o Olivario) sorge a Roma in piazza Bocca della Verità sulle rive del Tevere.
A lungo è stato creduto il tempio di Vesta a causa della sua forma circolare, uguale al tempio di Vesta situato nel Foro Romano.
La cella è circondata da venti colonne scanalate che poggiano su un podio di gradini di tufo e sono sormontate da capitelli corinzi. Il tempio, in marmo greco pentelico, risale alla fine del II secolo a.C. ed è il più antico tempio in marmo conservato. L'architetto fu probabilmente Hermodoro di Salamina, mentre la statua di culto del dio che vi si venerava fu scolpita da un greco, Skopas Minore un artista che lavorava in coppia con Hermodoro a Roma.
L'edificio fu commissionato da un ricco commerciante di olive  della corporazione degli Oleari ed era dedicato ad Ercole, protettore dei commerci e delle greggi. Non a caso il tempio sorge nel Foro Boario, area della città destinata al mercato agroalimentare. 


Roma, Piazza Bocca della Verità, Tempio di Ercole Vincitore




Roma, Piazza Bocca della Verità, Tempio di Ercole Vincitore
                                        

L'ulivo e gli antichi autori latini


L'ulivo e gli autori antichi



Moltissimi sono gli autori latini che nelle loro opere parlano dell’ulivo, dei metodi di coltivazione, della raccolta delle olive e della produzione dell’olio.

Tra i molti ricordiamo Varrone, vissuto nel I sec. a. C. e autore del De re rustica  un’opera che parla della campagna e dell’agricoltura, Columella, vissuto nel I sec. d.C., anche lui autore di un trattato sull’agricoltura e Plinio che dedica alcuni libri della Naturalis Historia (Storia naturale) alla botanica e all’agricoltura.

Plinio, nato probabilmente nel 24 d. C., fu storico, scienziato e grammatico. Come scienziato era interessato all’osservazione diretta dei fenomeni naturali e infatti morì mentre cercava di studiare  da vicino l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei ed Ercolano nel 79 d.C.




Ecco i passi più importanti di Plinio a proposito dell’ulivo

[…] l’olivo non cresce né in regioni molto fredde né in quelle molto calde.

[…] anche per quest’albero [come per la vite] hanno moltissima importanza il tipo di suolo e i fattori climatici, viene anche potato nello stesso periodo della vite, e sfrondato, con suo beneficio.
Subito dopo viene il momento della raccolta e l’arte ancor più difficile di ricavare l’olio nuovo. Da una stessa oliva si ricavano succhi diversi, il primo dei quali è fornito dall’oliva verde quando ancora non è cominciato il processo di maturazione: questo è il più gradevole di sapore […]
Quanto più l’oliva è matura, tanto più denso è il succo e meno piacevole al gusto. Ma il periodo migliore per la raccolta, al fine di conciliare qualità e quantità, è quando l’oliva comincia a scurire […]
L’invecchiamento rovina il sapore all’olio, contrariamente a quanto accade per il vino, e al massimo può arrivare ad un anno […]

Uno sbaglio [della raccolta] consiste nel risparmiare, poiché, per evitare le spese che comporta la raccolta, si aspetta che le olive cadano. Coloro che adottano un criterio mediano, le scuotono con lunghi bastoni, danneggiando l’albero e rovinando la produzione dell’anno successivo. Esisteva infatti una regola antichissima per i raccoglitori di olive: «non strappare l'olivo e non percuoterlo».

[…]L’olio ha la caratteristica di riscaldare il corpo e di difenderlo dal freddo, nonché di dare refrigerio alle vampate (mal) di testa. I greci, promotori di ogni vizio, ne hanno indirizzato l’impiego alla mollezza, diffondendone l’utilizzo nei ginnasi, i cui direttori, come noto, hanno venduto la raschiatura d’olio a ottantamila sesterzi. La maestà romana ha riservato all'olivo un alto onore, perché con esso vengono incoronati gli squadroni di cavalieri […] Anche Atene corona i vincitori con l’olivo, la Grecia li corona ad Olimpia con l’olivo selvatico.




Le rappresentazioni nei vasi antichi

La raccolta e la vendita dell’olio sui vasi greci



Raccolta
Rappresentazione della raccolta delle olive. Anfora Attica, VI sec.a.C. British Museum, Londra.


Questo vaso raffigura degli uomini che raccolgono olive con dei lunghi bastoni ondeggianti. Si tratta di un’anfora attica a figure nere datata al VI secolo a.C. e oggi conservata al British Museum di Londra




PARICOLARE: UNO SCHIAVO E’ SALITO SULL’ALBERO E FA CADERE LE OLIVE.



 Scena di vendita dell’olio


Il vaso proviene da una necropoli di Cerveteri, risale alla fine del VI sec. a.C. ed è oggi conservato ai Musei Vaticani


Su questa pelike (vaso panciuto con due anse) è rappresentata una scena di vendita dell'olio. Il prezioso liquido, conservato in un vaso simile al nostro, viene versato in un contenitore più piccolo utilizzato per gli unguenti (lekythos), mentre l'acquirente siede su un diphros (sedia pieghevole). L'iscrizione augurale che corre lungo la scena "O padre Zeus, possa diventare ricco!" ha ispirato la denominazione convenzionale di Pittore di Plousios per l'autore di questo vaso della fine del VI secolo a.C.

Musici tra gli olivi e banchetto

Tomba dei leopardi



Tarquinia, Tomba dei Leopardi, parete di fondo con scena di banchetto sormontata
 da due leopardi affrontati.  473 a.C. circa

E' una delle più famose tombe dipinte di Tarquinia e risale alla prima metà del V secolo a.C. La scena del banchetto, frequente nelle tombe etrusche, si trova sulla parete di fondo ed è sovrastata da due leopardi che danno il nome alla tomba. Sulle pareti laterali ci sono figure di musici e danzatori che avanzano in mezzo ad alberelli di ulivo carichi di frutti. 


Gli antichi etruschi e i banchetti con olive

Gli antichi etruschi amavano soprattutto banchettare sui triclini in legno dove ci si sdraiavano e mangiavano con le mani.
Erano già a conoscenza dell’ulivo e quindi sapevano già condire gli alimenti con l’olio e mangiavano già le olive in salamoia.


La pittura qui riprodotta occupa il lato destro della tomba

Odisseo, la prova del letto nuziale

Il letto di Odisseo e Penelope

Odissea, libro ventitreesimo

Penelope mette alla prova Odisseo. Ordina a Euriclea (la nutrice) di portare il letto nuziale fuori dalla stanza, ma ciò è impossibile perché il letto è intagliato in un albero di ulivo e non può quindi essere spostato. Penelope vuole verificare se l’uomo che le sta di fronte conosce questo segreto.

La prova del letto nuziale

Orsù, Euriclèa, stendigli il solido letto
fuori del talamo ben costruito che fece lui stesso;
portate fuori il solido letto e gettatevi sopra il giaciglio,
pelli e coltri e coperte lucenti».
Disse così per provare il marito; e Odisseo,
sdegnato, disse alla moglie solerte:
«Donna, è assai doloroso quello che hai detto.
Chi mise altrove il mio letto? sarebbe difficile
anche a chi è accorto, se non viene e lo sposta,
volendolo, un dio in un luogo diverso, senza difficoltà.
Nessun uomo, vivo, mortale, neppure giovane e forte,
lo smuoverebbe con facilità: perché v’è un grande segreto
nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri.
Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,
rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso.
Intorno ad esso feci il mio talamo, finché lo finii
con pietre connesse, e coprii d’un buon tetto la stanza,
vi apposi una porta ben salda, fittamente connessa.
Dopo, recisi la chioma all’ulivo dalle foglie sottili:
sgrossai dalla base il suo tronco, lo piallai con il bronzo,
bene e con arte, e lo feci diritto col filo,
e ottenuto un piede di letto traforai tutto col trapano.
Iniziando da questo piallai la lettiera, finché la finii,
rabescandola d’oro e d’argento e d’avorio.
All’interno tesi le cinghie di bue, splendenti di porpora.
Ti rivelo, così, questo segno. Donna,
non so se il mio letto è fisso tuttora o se un uomo,

tagliato il tronco d’ulivo alla base, altrove lo mise».

I giochi panatenaici

Le Panatenee, le anfore e l’olio

I giochi panatenaici erano un insieme di competizioni sportive che si tenevano ogni quattro anni ad Atene durante le Panatenee, feste in onore della dea protettrice della città.

Le competizioni erano divise in due categorie: quelle riservate ai soli Ateniesi e quelle aperte a qualsiasi greco che desiderasse parteciparvi. Le gare aperte a tutti comprendevano corsa, pugilato, pancrazio, pentathlon e corsa dei carri, quest'ultima, tra  tutte, era la gara più prestigiosa. Il vincitore della corsa dei carri riceveva in premio centoquaranta anfore panatenaiche piene di olio d'oliva, il pregiato olio di produzione Attica.

Le grandi anfore erano prodotte proprio per contenere  il premio per i vincitori. Sul lato principale di questi vasi, decorati solo a figure nere, compare sempre Atena, armata di elmo, lancia e scudo, fra due colonnette doriche sormontate da galli. Sull'altro lato è invece raffigurata la disciplina per la quale l'anfora era stata assegnata in premio.

Anfora panatenaica, lato con la raffigurazione di Atena, 440 ca. Museo Civico di Bologna. In quest'anfora, lungo la colonna di sinistra, è dipinta anche l'iscrizione in greco "ton Athenethen athlon" (premio dai giochi ad Atene)

Anfora panatenaica,  520 - 510 a.C., Taranto Museo Nazionale Archeologico



Aristeo

Aristeo
Aristeo,  FrançoisJoseph Bosio,1817 Parigi Louvre



Aristeo: il nome significa “dio ottimo” o “dio delle cose migliori”; come Prometeo è una figura civilizzatrice che dispensa agli uomini felicità e prosperità.
Secondo l’antica mitologia, Aristeo nacque in Libia, figlio di Apollo e della ninfa  Cirene e fu poi affidato a Gea, anche detta Terra. 
Aristeo era soprattutto l'inventore dell'arte di riprodurre artificialmente le api e dello sfruttamento del miele.  Il dio è anche maestro nella lavorazione dei campi e delle vigne, nella piantagione degli alberi e inventa numerose tecniche che riguardano la coltivazione delle olive e la torchiatura.

Atena e Poseidone

Atena e Poseidone


La contesa per l’Attica

Atena e Poseidone, vaso a figure rosse

Il Fato aveva predetto che l’Attica  sarebbe diventata la regione più forte ricca e importante di tutta la Grecia  e così  gli dei decisero di insediarsi nelle città, dove ognuno di loro avrebbe avuto il suo culto personale. Poseidone per primo si recò in Attica, vibrò un colpo di tridente in mezzo all’Acropoli e fece apparire una fonte di acqua salata. Dopo di lui venne Atena  che piantò un ulivo simbolo di pace e fertilità.  
Athena Giustiniani, copia romana della statua greca di Pallade Atena, Musei Vaticani


Scoppiò una contesa perché nessuno dei  due dei  voleva cedere la città all'altro  e Zeus, che non era riuscito a riconciliarli, decretò che la scelta del dio protettore spettasse ad un tribunale  composto da tutte le divinità olimpiche. Poseidone e Atena si presentarono dunque davanti al tribunale divino, Zeus non espresse parere, ma mentre tutti gli dei maschi appoggiavano Poseidone, le dee si schierarono dalla parte di Atena. Così per un voto di maggioranza, Atena ottenne di governare sull'Attica poiché aveva fatto a quella terra il dono migliore: la pace. Poseidone, furibondo, inviò un’inondazione che ricoprì la pianura.
Secondo un’altra versione del mito, Poseidone avrebbe offerto in dono il primo cavallo, simbolo di guerra e potenza.
Il racconto della disputa rappresenta la giustificazione mitologica del dominio di Atena sulla capitale dell’Attica, ma sottolinea anche l’importanza che fin dall’origine ebbe l’ulivo nell’economia di questa terra.

L'acropoli di Atene


Il Partenone

La contesa tra Atena e Poseidone per il dominio dell’Attica è raffigurata nel frontone occidentale del Partenone, il tempio dedicato ad Atena che sorgeva sull’acropoli della città. Il fregio che corre su tutti e quattro i lati del tempio  rappresenta la solenne processione che si teneva ogni quattro anni in occasione delle  Panatenee, feste solenni che si svolgevano alla fine di luglio nel giorno della nascita della dea e comprendevano i giochi panatenaici.


Particolare del fregio del Partenone

La storia

L’ulivo nell’antichità

Ramo carico di olive


“ex omnibus stirpibus minorem inpensam desiderat olea, quae prima omnium arborum est” (L.G. Columella, De Re Rustica)

Fra tutte le piante l’olivo è quello che richiede spesa minore, mentre tiene tra esse il primo posto




Ulivi

L’olivo coltivato, o domestico, deriva dall’olivo selvatico o oleastro che cresce nei luoghi rupestri, isolato o in forma boschiva, e dai cui minuscoli frutti si trae un olio amaro il cui uso è, però, sempre stato limitato.
La patria di origine dell’olivo va con ogni probabilità ricercata in Asia Minore ma l’olivo era anche conosciuto da popoli semitici: gli Armeni e gli Egiziani.

Asia Minore
Molto presto l’uso di coltivare l’olivo passò dall’Asia minore alle isole, e quindi in Grecia: lo Schliemann riferisce di aver raccolto noccioli d’oliva sia negli scavi del palazzo di Tirinto sia in quelli delle case e delle tombe di Micene e, nell’Odissea, troviamo scritto che Ulisse aveva intagliato il suo letto nuziale in un enorme tronco di olivo. 
In Grecia esistevano molti e fiorenti oliveti; particolarmente ricca ne era l’Attica, soprattutto nella pianura vicina ad Atene. D’altra parte l’olivo era la pianta sacra alla dea Atena.
L’olio attico era considerato tra i migliori; ma si apprezzavano molto anche gli olii di Sicione, dell’Eubea, di Samo, di Cirene, di Cipro e di alcune regioni della Focide. Le olive erano inoltre la ricchezza della pianura vicino la città di Delfi, sacra ad Apollo.

Le zone della Magna Grecia dove erano più floride le colture dell’olivo si trovavano a Sibari e a Taranto. Nell’Italia centrale, si segnalavano in primo luogo il territorio di Venafro, quindi la Sabina e il Piceno, mentre nell’Italia del nord erano famose le coste della Liguria.

In verde la Magna Grecia

Le olive venivano raccolte in periodi diversi a seconda dell’uso cui erano destinate: ancora acerbe (olive albae o acerbae), non del tutto mature (olive variae o fuscae), mature (olive nigrae). Si raccomandava di staccarle dal ramo con le mani ad una ad una; quelle che non si potevano cogliere salendo sugli alberi, venivano fatte cadere servendosi di lunghi bastoni flessibili (in greco ractriai), sempre ponendo la massima attenzione a non danneggiarle. Alcuni aiutanti raccattavano e riunivano le olive battute che, solitamente, venivano macinate il più presto possibile (vedi Plinio)
In Grecia l’olio era generalmente prodotto dai proprietari stessi degli oliveti che spesso procedevano anche alla sua vendita. La vendita al dettaglio non si praticava solo in campagna o nelle botteghe; era ugualmente attiva nell’agorà, dove venivano trattate le merci più diverse (vendita olio).
Per quanto riguarda l’Italia, il vero problema, dunque, non è stabilire a quando risalga la presenza dei primi olivi, dato che certamente si trattava di piante che esistevano da molto tempo, almeno in forme selvatiche, quanto piuttosto definire il periodo in cui è cominciata la loro coltivazione in età storica. Le evidenze linguistiche, letterarie ed archeologiche permettono di affermare che, già fra l’VIII e il VII sec. a.C. non solo la coltivazione dell’olivo era praticata ma era già padroneggiata.

Le più importanti testimonianze di età storica sono il relitto della nave del Giglio, del 600 a.C. circa, con le sue anfore etrusche piene di olive, e la cosiddetta “Tomba delle Olive” di Cerveteri, databile al 575-550 a.C., nella quale si sono rinvenuti numerosi noccioli di oliva all’interno di una sorta di caldaia. 

Anfora sommersa