mercoledì 13 novembre 2013

La storia

L’ulivo nell’antichità

Ramo carico di olive


“ex omnibus stirpibus minorem inpensam desiderat olea, quae prima omnium arborum est” (L.G. Columella, De Re Rustica)

Fra tutte le piante l’olivo è quello che richiede spesa minore, mentre tiene tra esse il primo posto




Ulivi

L’olivo coltivato, o domestico, deriva dall’olivo selvatico o oleastro che cresce nei luoghi rupestri, isolato o in forma boschiva, e dai cui minuscoli frutti si trae un olio amaro il cui uso è, però, sempre stato limitato.
La patria di origine dell’olivo va con ogni probabilità ricercata in Asia Minore ma l’olivo era anche conosciuto da popoli semitici: gli Armeni e gli Egiziani.

Asia Minore
Molto presto l’uso di coltivare l’olivo passò dall’Asia minore alle isole, e quindi in Grecia: lo Schliemann riferisce di aver raccolto noccioli d’oliva sia negli scavi del palazzo di Tirinto sia in quelli delle case e delle tombe di Micene e, nell’Odissea, troviamo scritto che Ulisse aveva intagliato il suo letto nuziale in un enorme tronco di olivo. 
In Grecia esistevano molti e fiorenti oliveti; particolarmente ricca ne era l’Attica, soprattutto nella pianura vicina ad Atene. D’altra parte l’olivo era la pianta sacra alla dea Atena.
L’olio attico era considerato tra i migliori; ma si apprezzavano molto anche gli olii di Sicione, dell’Eubea, di Samo, di Cirene, di Cipro e di alcune regioni della Focide. Le olive erano inoltre la ricchezza della pianura vicino la città di Delfi, sacra ad Apollo.

Le zone della Magna Grecia dove erano più floride le colture dell’olivo si trovavano a Sibari e a Taranto. Nell’Italia centrale, si segnalavano in primo luogo il territorio di Venafro, quindi la Sabina e il Piceno, mentre nell’Italia del nord erano famose le coste della Liguria.

In verde la Magna Grecia

Le olive venivano raccolte in periodi diversi a seconda dell’uso cui erano destinate: ancora acerbe (olive albae o acerbae), non del tutto mature (olive variae o fuscae), mature (olive nigrae). Si raccomandava di staccarle dal ramo con le mani ad una ad una; quelle che non si potevano cogliere salendo sugli alberi, venivano fatte cadere servendosi di lunghi bastoni flessibili (in greco ractriai), sempre ponendo la massima attenzione a non danneggiarle. Alcuni aiutanti raccattavano e riunivano le olive battute che, solitamente, venivano macinate il più presto possibile (vedi Plinio)
In Grecia l’olio era generalmente prodotto dai proprietari stessi degli oliveti che spesso procedevano anche alla sua vendita. La vendita al dettaglio non si praticava solo in campagna o nelle botteghe; era ugualmente attiva nell’agorà, dove venivano trattate le merci più diverse (vendita olio).
Per quanto riguarda l’Italia, il vero problema, dunque, non è stabilire a quando risalga la presenza dei primi olivi, dato che certamente si trattava di piante che esistevano da molto tempo, almeno in forme selvatiche, quanto piuttosto definire il periodo in cui è cominciata la loro coltivazione in età storica. Le evidenze linguistiche, letterarie ed archeologiche permettono di affermare che, già fra l’VIII e il VII sec. a.C. non solo la coltivazione dell’olivo era praticata ma era già padroneggiata.

Le più importanti testimonianze di età storica sono il relitto della nave del Giglio, del 600 a.C. circa, con le sue anfore etrusche piene di olive, e la cosiddetta “Tomba delle Olive” di Cerveteri, databile al 575-550 a.C., nella quale si sono rinvenuti numerosi noccioli di oliva all’interno di una sorta di caldaia. 

Anfora sommersa